La mia formazione
La mia Laurea in Scienza Motorie avrebbe potuto portarmi verso la strada dell'allenamento e dello studio per ottimizzare la prestazione sportiva. Invece la mia curiosità si è rivolta verso l'approfondimento del movimento a fini del benessere. Non ero tanto interessato ad un corpo che sfida le leggi della fisica; bensì ad un corpo che usa le regole del movimento consapevole per stare bene e vivere con più piacere.
Così ho iniziato, circa 30 anni fa, ad approfondire le problematiche posturali e il mal di schiena secondo gli schemi classici della ginnastica medica e della ginnastica correttiva di allora. Ma da subito mi sono stati chiari i limiti che c'erano nell'affrontare uno squilibrio posturale, o una scoliosi infantile, secondo i puri schema della meccanica. Una schiena che non è in equilibrio, non è un pezzo di legno storto. È un pezzo di una persona. Il corpo non è il contenitore meccanico della funzione mentale. Vive immerso nelle leggi della meccanica, ma non è una macchina meccanica. È l'essenza stessa del vivere. È il luogo della gioia e del piacere così come della sofferenza e dello stress. Il corpo è il tuo io. Non c'è un altrove. Ma in quel momento non erano molti a vederla in questo modo.
Allora iniziavano in Italia le psicomotricità francesi (tante e tanto diverse, a seconda dei diversi autori), la giocomotricità nostrana, la teatroterapia e tutte quelle varie correnti (impossibile citarle tutte….) che miravano ad unificare corpo e psiche. Poi, sempre dalla Francia, arrivarono le ginnastiche – cosiddette – volontarie (per distinguerle da quelle che già esistevano da noi): Meziérès, Bertherat, Alexander, Infine esistevano da sempre, ma chiuse in una visione puramente "meccanica", le tecniche di massaggio, in tutte le sue molteplici derivazioni.
Tutto mi sembrava interessante: in particolare la possibilità di coniugare movimento e manipolazione; rilassamento e contatto. Sottolineo questo in quanto non mi fu facile trovare una via di formazione che includesse tutto quanto. L'abitudine a considerare corpo e mente come unità distinte (e dunque da trattare distintamente) permeava così tanto la mentalità, da far apparire quasi dei visionari tutti coloro che tentavano di scoprire delle connessioni. Eppure toccare le persone, nelle sedute di ginnastica antalgica piuttosto che in quelle di ginnastica correttiva, era la norma. Anche i massaggiatori "imparavano" a manipolare e toccare trapezi, lombari e quadricipiti, attraverso le varie fasi di sfioramento, frizione, impastamento etc. Ma questi "contatti tecnici" erano rivolti al corpo- fisico. Nella formazione tecnica di queste figure professionali non c'era spazio per approfondire il risultato di questi contatti sul corpo-emozionale. Così alcuni anni dopo la formazione in massaggio sportivo, mi sono diplomato in Osteopatia seguendo la formazione in sei anni della scuola SIO.TE.MA di Torino. Da allora sono iscritto al R.O.I. (Registro Osteopati d'Italia) al n. 1259.
Ma il viaggio non era concluso.
Sapendo che il corpo parla e racconta della persona molto di più di quanto ella è in grado di dire con le parole, ho voluto approfondire altre correlazioni: una contrattura al collo emerge per caso o c'è una abitudine a "tenere" sotto controllo tutto ciò che sta intorno? E se si risolve la contrattura ma non cresce la consapevolezza della causa, quanto ci vorrà perché essa recidivi? Anche per approfondire questo campo c'erano tante strade. E io ho trovato la mia presso l'Istituto Maithuna di Anghiari (AR). Frequentando i corsi presso di loro mi sono diplomato Counselor a mediazione corporea. Sono iscritto al registro dei counselor presso l'A.C.P. (Associazione dei Counselor Professionisti) al n. 144.
Sul piano professionale oggi sperimento come affrontare il tema del dolore e del disagio fisico integrando la pratica osteopatica e i metodi del counseling corporeo sia in grado di potenziare l'efficacia dell' intervento col paziente. Le tecniche di counseling a mediazione corporea riconnettono con il proprio sentire e smuovono le risorse interiori più delle tecniche osteopatiche. Continuo però a considerare elettive queste ultime nello stabilire un rapporto di sfondo che usi il tatto come autentico e non mediato "filo rosso" della relazione. Proprio perché il corpo ha una sua intelligenza autonoma e i processi di autoguarigione non sempre devono diventare razionalmente individuabili e/o narrabili.
Combinando tecniche psico-corporee attive con le tecniche osteopatiche, unite alla parte colloquiale per l'ascolto, la comprensione di sé stessi e l'integrazione delle emozioni nel quotidiano, ritengo sia possibile che il paziente arrivi veramente ad attingere alle proprie risorse più profonde. E a percepirsi in modo completo.